Il nuovo malato d’Europa

Correva l’anno 2011 quando la popolazione mondiale raggiunse il record di 7 miliardi di persone (oggi supera largamente gli 8): precisamente accadde il 31 ottobre, secondo quanto dichiarato dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione. Qualche giorno più tardi anche nel nostro Paese avremmo registrato un record: il differenziale di rendimento (lo spread) fra il nostro titolo di stato decennale e l’omologo tedesco avrebbe toccato il massimo, oltre 5,5%, segno della grave crisi finanziaria abbattutasi sullo Stivale. Non eravamo soli, infatti la stessa aveva colpito anche il Portogallo, l’Irlanda, la Grecia e la Spagna, i cosiddetti PIIGS, per utilizzare il noto acronimo coniato per l’occasione. Da allora sono trascorsi quasi tre lustri e la situazione è cambiata radicalmente. Oggi lo spread è pari a circa 0,8%, a testimoniare la fiducia degli investitori domestici e internazionali verso il nostro Paese: tale risultato è frutto sicuramente di molteplici fattori fra i quali ad esempio l’adozione di una rigorosa politica di bilancio volta al contenimento del deficit e la stabilità politica. Negli ultimi mesi è migliorato anche il nostro “giudizio”: due delle tre maggiori agenzie di rating hanno infatti promosso l’Italia a BBB+. Il precedente miglioramento, da BBB- (zona retrocessione) a BBB, era arrivato nel 2021 sotto il Governo Draghi. Nonostante ciò, il nostro debito pubblico rimane ad un livello elevato (circa 135% sul PIL) ma non spaventa più gli investitori, che ora guardano con timore al nuovo malato del continente, la Francia. Il rendimento del titolo di stato transalpino ha ormai superato quello dei PIGS: manca solo la I dell’Italia all’acronimo originario, poiché il nostro BTP ha un rendimento ancora superiore, seppur risibilmente. Il sorpasso non tarderà molto, dato che la situazione finanziaria dei cugini d’oltralpe è destinata a peggiorare parecchio: il rapporto debito/PIL è pari a circa 113%, ma, mentre da noi è salito del 3% dal 2019, da loro è cresciuto del 18% nel medesimo periodo. Negli ultimi anni il debito è dunque aumentato esponenzialmente, secondo gli esperti, a causa principalmente della spesa pubblica incontrollata e delle mancate riforme, entrambi conseguenti all’instabilità politica, destinata a non risolversi in tempi brevi. 
A crederlo sono:

  • gli investitori mondiali, che da tempo stanno abbandonando i titoli governativi francesi, preferendogli quelli degli ex malati d’Europa,
  • le società di rating, due delle quali hanno recentemente abbassato il giudizio sulla Francia.     

Anche i mercati azionari testimoniano l’attuale avversione per la Francia il cui listino principale è in aumento solo del 6% da inizio anno, contro il +31%, +23% e +18% rispettivamente di Spagna, Italia e Germania.
Tale situazione impatta ovviamente sui rendimenti anche potenziali dei nostri investimenti.
Con la Curiosità odierna ho testimoniato per l’ennesima volta come il settore finanziario sia sempre in costante mutamento. Per il risparmiatore desideroso di tutelare e far crescere i propri capitali è certamente necessario farsi assistere da chi di mestiere.