La direzione giusta

Inserito da qualche anno nella lista dei Borghi più belli d’Italia, Fornelli, paesino molisano di 1.800 abitanti, ambisce a diventare il primo centro turistico fondato sul bitcoin: sono quasi trenta gli esercizi commerciali che lo accettano nei pagamenti. Anche grazie a ciò il suo flusso turistico è aumentato, così come sono decollate le visualizzazioni dei canali social del piccolo comune. Sicuramente è il primo in Italia ad aver dedicato un monumento al fondatore della più nota e diffusa criptovaluta, Nakamoto. 
Per un piccolo paesino sempre più disposto ad abbracciare sempre più le criptovalute, c’è un Paese “obbligato” ad abbandonarle: El Salvador. Sito in America centrale, di dimensioni simili al Veneto, ma con un numero di abitanti superiore (6,3 contro 4,8 milioni), nel 2021 è diventata la prima nazione al mondo ad aver legalizzato il bitcoin, per almeno tre ragioni:

  1. ridurre la dipendenza dal dollaro USA, di fatto moneta nazionale: la Banca Centrale salvadoregna non aveva alcun controllo sulla propria politica monetaria, nelle mani della Federal Reserve (la Banca Centrale statunitense);
  2. attirare capitali di investitori esteri nel settore delle criptovalute;
  3. eliminare le commissioni degli intermediari finanziari sulle rimesse degli emigrati.

Il Governo aveva promulgato persino la Legge Bitcoin, che prevedeva incentivi (per esempio, un bonus in valuta virtuale ad ogni cittadino) e obblighi (come il dovere a persone fisiche e imprese di accettarli nei pagamenti), e la garanzia dello Stato, responsabile della sicurezza finanziaria per tutti. Nell’ultimo anno il numero degli utilizzatori è però crollato a causa de:

  1. il crescente aumento della corruzione legata alla moltiplicazione dei bonus (più d’uno alla stessa persona),
  2. i furti “on line”, peraltro diffusi in tutto il mondo,
  3. la violazione delle norme sul riciclaggio: poiché il circuito delle criptovalute non è sufficientemente controllato, vi transitano capitali provenienti da attività illecite.

El Salvador è anche il primo paese obbligato ad abbandonare il tema criptovalute. Infatti, il Fondo Monetario Internazionale, al quale si è rivolto per un prestito di quasi 1,5 miliardi di dollari, l’ha concesso a condizione che interrompa lo sviluppo delle attività in bitcoin, che ne elimini l’obbligo di utilizzo per le imprese e che ne sospenda l’accumulo quale riserva ufficiale. Se il suo Presidente, Bukele, è stato costretto dunque alla resa, un altro, Trump, sembra seriamente intenzionato a proseguire nella legalizzazione del settore delle cripto attività. E anche qualche grande società finanziaria (come ad esempio Black Rock) ha iniziato a crederci.
Le valute virtuali, a differenza di quelle ufficiali, non sono emesse da una banca centrale o da un organo pubblico ma da un’impresa privata: non sono quindi controllate e né hanno un valore “stabile/certo”. A mio parere questa è solo una delle molte ragioni per le quali a noi risparmiatori conviene starcene alla larga, ed evitare di investirvi acquistando i pochi strumenti finanziari disponibili nel mercato.