Il sogno americano

Il sogno americano è la convinzione che negli USA, chiunque, con l’impegno, il duro lavoro e la determinazione, possa raggiungere felicità e successo, indipendentemente dalle proprie origini. Per decenni ha stimolato anche molti nostri connazionali a emigrarvi semplicemente con una valigia di cartone e la grande voglia di realizzare i propri sogni. Il Paese a stelle e strisce è diventato col tempo la prima potenza economica mondiale, che ancora oggi attrae persone (anche studenti provenienti da ogni dove per il prestigio delle proprie scuole) e capitali (questa è infatti la principale piazza finanziaria mondiale). 
Nonostante le diverse situazioni di incertezza, negli ultimi anni l’economia degli USA ha viaggiato con tassi di crescita quasi tripli rispetto a quelli di paesi “analoghi”, grazie ai cospicui piani di investimento, che hanno però causato un aumento notevole del debito pubblico: dieci anni fa ammontava a meno di 20.000 miliardi di dollari, ora ha quasi raggiunto i 37.000. Nel corso del tempo, tale deterioramento ha portato le agenzie di rating ad abbassare il giudizio sul debito USA: la prima è stata Standard & Poor’s nel lontano 2011, seguita da Fitch nel 2023 e Moody’s dieci giorni fa. Dunque la prima economia mondiale ha perso la valutazione di debitore più solido ed è uscita dal “club della tripla A”, nel quale è rimasta una decina di paesi fra i quali la Germania, il Giappone, Singapore e la Svizzera.
Il debito pubblico americano è detenuto per l’80% da investitori domestici e stranieri, anche allettati dai rendimenti, superiori di circa 2% rispetto ad esempio a quelli europei: infatti mentre quello di un BTP con scadenza 5 anni è pari al 2,3% quello dell’omologo americano è del 4,3%.
Ovviamente, l’investitore “non statunitense” desideroso di assicurarsi questa opportunità deve tenere presente il rischio del cambio fra le divise. I titoli governativi USA sono quotati in dollari USA e per esempio un europeo deve porre attenzione all’oscillazione del cambio euro-dollaro, che negli ultimi due mesi è salito da 1,02 a 1,13: ciò significa quindi un indebolimento del 10% del dollaro rispetto all’euro e una penalizzazione di analoga entità dei risparmi quotati in dollari. Tale situazione può però essere evitata con operazioni di copertura, per le quali è necessario considerare i costi.
Rating, cambi e relative coperture sono solo alcune delle innumerevoli variabili da considerare nella gestione ottimale di un patrimonio: data tale compolessità, suggerisco ancora una volta ai risparmiatori a farsi assistere da esperti competenti e affidabili.