Sulle banche svizzere

A distanza di quasi un anno, riprendo a scrivere sulla Banca Nazionale Svizzera, il cui bilancio è tornato finalmente in utile: il 2024 si è concluso infatti con un risultato positivo di oltre 80 miliardi di franchi svizzeri, corrispondenti a circa 86 miliardi di euro; dopo un biennio in perdita (-132 miliardi di franchi nel 2022 e -3,2 miliardi nel 2023) può dunque nuovamente distribuire dividendi ed effettuare i consueti versamenti a favore dei Cantoni. 
Anche UBS, principale banca svizzera, ha chiuso positivamente l’esercizio 2024, con un utile di quasi 5 miliardi di euro. Nonostante ciò, il Governo ha intenzione di proporre un rafforzamento del patrimonio (tradotto, un aumento di capitale sociale) di quasi 30 miliardi di euro per rendere la stessa ancora più sicura. La necessità riviene dalle dimensioni, dato che l’attivo di bilancio di circa 1.500 miliardi di euro è pari al doppio del PIL del Paese: infatti un eventuale salvataggio richiederebbe sforzi davvero notevoli, minando persino la stabilità finanziaria del Paese stesso. Ovviamente il management di UBS è in totale disaccordo per due ragioni:

  1. le banche locali sono più forti di quelle estere, poiché la Svizzera ha adottato completamente le disposizioni per il rafforzamento del sistema bancario, previste dal terzo Accordo di Basilea; Europa, Regno Unito e USA hanno invece deciso per un ulteriore rinvio del recepimento, probabilmente al 2027;   
  2. il rafforzamento richiesto ridurrebbe la sua redditività, e conseguentemente la sua attrattività: gli investitori probabilmente preferirebbero dunque le sue omologhe europee, britanniche e americane, molto più profittevoli.

Proprio a tal proposito segnalo che la quotazione di UBS è scesa del 12% nell’ultimo anno, mentre quella di Banca Intesa è salita del 30% circa.   
Relativamente a UBS Italia riporto una notizia curiosa, pubblicata recentemente dalla principale testata italiana di settore. Nonostante il suo management abbia spesso dichiarato che l’Italia è un mercato importante per l’istituto, sono stati previsti tagli occupazionali (180 lavoratori) e i patrimoni gestiti sono diminuiti da 30 a 20 miliardi di euro. La notizia è alquanto strana poiché le principali banche che si occupano di gestione di patrimoni nel nostro Paese continuano a crescere in piena salute e producono risultati eccellenti, a testimonianza che persone e imprese continuano ad investire. Come sempre l’importante è diversificare ed affidarsi agli esperti del settore.