Ancora sostenibilità

Durante gli ultimi giorni dello scorso gennaio, chiamati “giorni della merla” e noti per essere i più freddi dell’anno, nella nostra regione si sono registrate le temperature più alte degli ultimi cent’anni (fino a 18° centigradi). Mentre noi ci godevamo giorni inaspettatamente primaverili, dall’altra parte dell’Oceano, le autorità della California erano impegnate nel conteggio dei danni causati da un mese di devastanti incendi: migliaia di immobili danneggiati o distrutti, e circa 200 miliardi di dollari USA di perdite economiche.  Le anomalie climatiche sono dunque continuate anche in questi primi mesi del 2025, dopo un 2024 caratterizzato da eventi davvero estremi, dei quali ricordo:

  1. le inondazioni, che hanno colpito alcune regioni nel centro-sud della Cina a luglio.
  2. l’uragano Helene, che ha causato danneggiamenti al settore agricolo della Florida;
  3. il ciclone Boris, artefice di allagamenti in mezza Europa;
  4. la Dana, il fenomeno meteorologico estremo che a Valencia ha causato una mega alluvione, lasciandosi alle spalle oltre duecento vittime.

Copernicus, l’Osservatorio sul clima dell’Unione Europea, ha ufficializzato che lo scorso anno è stato il più caldo di sempre e che la temperatura media è stata superiore di 1,6° rispetto al periodo pre-industriale (la seconda metà del 1800). È stato dunque superato il livello di guardia di 1,5°, indicato nell’Accordo sui cambiamenti climatici, sottoscritto a Parigi nel 2015 da circa 190 Paesi: oltre tale livello i meteorologi segnalano l’intensificazione dei fenomeni anomali, in grado di causare sempre maggiori perdite economiche e di vite umane. Tutto ciò è sicuramente imputabile al naturale cambiamento climatico, che noi umani abbiamo comunque incentivato con le nostre pratiche scorrette o non rispettose. Infatti, nel 2024 sono aumentate le emissioni di anidride carbonica, in Cina e in India (i due paesi più popolosi al Mondo) è aumentato il consumo di carbone, sempre più nazioni sono restie nel ridurre la produzione di petrolio e gas. Fra questi cito gli USA, il cui nuovo Presidente è certamente favorevole ad incentivare l’estrazione di combustibili fossili e ha dichiarato di voler uscire nuovamente dall’Accordo di Parigi. Questi sono segnali decisamente preoccupanti che si aggiungono all’abbandono del “club”, che riunisce i big della finanza impegnati nella lotta al cambiamento climatico, di molte blasonate società. Black Rock, Morgan Stanley, JP Morgan, Bank of America hanno lasciato principalmente per due motivi:

  1. le pressioni della politica, che chiede investimenti anche nei settori non sostenibili;
  2. inseguire tutte le opportunità di profitto, anche in ambiti non green.

Fortunatamente arrivano anche notizie positive: 

  1. recentemente la Germania ha registrato un record di produzione di energia solare,
  2. la Norvegia si appresta a diventare il primo paese al mondo a cancellare le auto a benzina e diesel dal mercato del nuovo.

Ciò testimonia quindi che deve permanere l’impegno per la lotta al cambiamento climatico, anche da parte degli attori del mondo finanziario. Il loro ruolo rimane centrale, infatti gli investimenti sostenibili (i fondi d’investimento ESG) pesano per oltre 3.000 miliardi e, cresceranno ulteriormente nel tempo, nonostante vuoti d’aria temporanei.