L’Aspirina

Qualche mese fa la “mitica” Aspirina della Bayer ha compiuto 125 anni: risale infatti al 1899 l’inizio della commercializzazione del conosciutissimo farmaco a base di acido acetilsalicilico, quest’ultimo scoperto dal ricercatore scientifico Felix Hoffman nel 1897, allo scopo di curare dolori reumatici.
Bayer è stata invece fondata circa 35 anni prima: oggi è una multinazionale della farmaceutica, basata a Leverkusen in Germania e con sedi in molti paesi nel mondo. Ha una capitalizzazione (un valore) di mercato di 30 miliardi di euro, molto distante dai veri colossi del settore quali ad esempio Eli Lilly (830 miliardi), Novo Nordisk (400 miliardi), Novartis e Roche (entrambe oltre 200). Meno di un decennio fa la situazione era però ben diversa: 

  • le “piccole” Eli Lilly e Novo Nordisk sono state protagoniste di un’impensabile crescita, rispettivamente del 900% e del 350% grazie ai farmaci contro l’obesità e il diabete (la seconda);
  • la “grande” Bayer ha registrato un crollo dell’80% a seguito di:
    • il recente abbandono dei test per la mancanza di efficacia di un farmaco antitrombotico sul quale aveva riposto molte speranze e investito molto,
    • le possibili perdite relative alle azioni legali collettive intentate contro la casa farmaceutica per l’erbicida, commercializzato dalla sua controllata Monsanto, ritenuto cancerogeno.


In particolare quest’ultima è stata la causa principale del tragico crollo della casa farmaceutica tedesca, che nel 2018, forte di un valore di quasi 90 miliardi di euro, ha acquistato il gigante americano dei pesticidi Monsanto, per oltre 65 miliardi di dollari. Due anni dopo, nel 2020, è stata condannata a risarcire 10 miliardi di dollari e probabilmente ne dovrà sborsare molti ancora negli anni a venire. Qualche mese fa l’amministratore delegato ha mestamente dichiarato che le cause legali sottraggono capitali dallo sviluppo di nuovi farmaci, contribuendo così a nuocere all’azienda.  
Il crollo di valore dell’80% di Bayer ha danneggiato anche tutti quei risparmiatori che dieci anni fa vi hanno creduto, acquistandone le azioni, ritenute solide e inscalfibili.       
Nello stesso arco temporale l’indice mondiale del settore farmaceutico, rappresentativo di molte (e non solo una!) aziende dello stesso, è invece quasi raddoppiato, facendo dunque felici chi vi ha investito.
Anche la Curiosità di oggi testimonia come sia indiscutibilmente più vantaggioso l’investimento in un indice (per il tramite di prodotti di risparmio gestito, come i fondi comuni d’investimento) anziché in un singolo titolo.