Banche Centrali

Nell’ultimo biennio la notorietà delle Banche Centrali è aumentata notevolmente: non solo professionisti del settore, ma anche sempre più normali risparmiatori attendono con trepidazione gli incontri mensili di FED e BCE per capire le strategie di politica monetaria e il conseguente riverbero sui propri patrimoni. Gli aumenti dei tassi di interesse decisi dalle stesse nell’ultimo biennio hanno infatti causato flessioni dei prezzi delle obbligazioni e, temporaneamente, anche delle azioni. 
Nel medesimo periodo è inoltre aumentata l’attenzione sulle Banche Centrali in riferimento ai loro bilanci, non proprio brillanti.

In una mia Curiosità dello scorso febbraio avevo raccontato della perdita con la quale la Banca Nazionale Svizzera aveva chiuso il bilancio 2022: un rosso di 134 miliardi di euro (il più grande di sempre), originato dalla flessione dei mercati finanziari e dalla svalutazione delle divise estere in rapporto al franco. Conseguentemente la BNS, quotata in Borsa e controllata dai Cantoni, non aveva potuto effettuare i consueti versamenti agli stessi e alla Confederazione. Ciò potrebbe ripetersi anche per l’anno ormai in chiusura, dunque niente versamenti per il secondo anno consecutivo. Il motivo? L’utile dei primi nove mesi è appena pari a 1,8 miliardi di euro: il buon risultato dei primi due trimestri è stato quasi azzerato dal pessimo andamento del terzo.
La Banca centrale elvetica è comunque in buona compagnia dato che anche la tedesca Bundesbank, dopo molti anni, non ha versato alcunché allo stato tedesco: in effetti il suo bilancio 2022 si è chiuso con una perdita di quasi 200 milioni di euro, causata principalmente dalla svalutazione di asset in divise estere. Non hanno invece influenzato il suo bilancio i 130 miliardi di svalutazioni dei prezzi dei titoli (obbligazioni) di stato europei, originate appunto dai rialzi dei tassi di interesse: mantenendo i titoli fino alla scadenza non c’è motivo di svalutarli.
Anche per la BCE lo scorso anno si è chiuso miseramente, con un risultato pari a zero.
In sostanza le banche centrali sono state vittime del loro operato: il rialzo esagerato dei tassi di interesse da loro attuato per contenere l’inflazione, improvvisamente risvegliatasi dal letargo ultradecennale, ha quindi causato problemi anche a loro stesse, oltre che agli operatori economici e finanziari. A tal proposito ricordo infatti che in Italia (come nel resto d’Europa), dai dati pubblicati nell’ultima settimana, è stato confermato che: 
le richieste di mutui sono in diminuzione, così come le compravendite di immobili, 
gli investimenti sono in calo, 
la crescita economica rasenta lo zero, come riferito da Confindustria.

Tutto fa quindi pensare che le banche centrali dovranno tornare ad agire sui tassi, ma in senso inverso rispetto a quanto fatto nell’ultimo anno/biennio. Ai risparmiatori suggerisco quindi di focalizzarsi sul rendimento ma anche sul tempo: investire in obbligazioni a tasso fisso per un medio-lungo periodo, sarà senz’altro vantaggioso.