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Orientarsi

Secondo i dati pubblicati dall’Istat, la crescita dell’economia italiana (il PIL) nel 2022 è stata del 3,70%, e le stime per il 2023 e 2024 riferiscono di un incremento rispettivamente di 1,2 e 1,1%, dunque valori simili al periodo pre-pandemico. Allora, il rapporto debito pubblico/PIL era pari a 135%, ma l’anno seguente, con la crisi sanitaria, è esploso a 160%, a seguito del crollo drammatico del PIL: però grazie principalmente ai preziosi aiuti nazionali ed internazionali, e al progressivo ritorno alla normalità, quest’ultimo è risalito, contribuendo dunque al positivo arretramento odierno “dell’indice” a 144%. Purtroppo nella classifica europea rimaniamo in seconda posizione, dietro alla Grecia con il 171%. 
Insomma, il nostro Paese cresce poco ed ha un debito pubblico troppo alto, che, stando ai dati di Banca d’Italia, due mesi fa è salito oltre 2.800 miliardi di euro, anche a seguito all’aumento dei tassi di interesse; e in un paio di anni dovrebbe salire oltre i 3.000, secondo quanto si evince dall’ultimo Documento di Economia e Finanza (DEF), elaborato dall’attuale Governo. Lo stesso evidenzia inoltre che l’indice debito pubblico/PIL è previsto in crescita a circa 165% nel prossimo ventennio e al 180% nel 2050. La preoccupante crescita è attribuibile soprattutto alla crisi demografica in corso, che può essere risolta agendo in particolar modo su tre fronti: 

  1. politiche a favore dell’incremento del tasso di natalità;
  2. azioni a sostegno dell’occupazione;
  3. piani per attrarre immigrati dotati di competenze elevate maggiori, quindi un ingresso di “cervelli” provenienti dall’estero.

Il lavoro da fare per riportare l’Italia al buono stato di salute è decisamente molto, comunque anche molti altri paesi dell’Area non sono in piena forma: per esempio la Francia cresce meno di noi, e la Germania è persino in recessione tecnica, avendo registrato due trimestri consecutivi di decrescita economica.

È pur vero che quest’ultima è molto più avanti di noi nel cercare di risolvere o calmare il problema demografico, comune a tutte le economie sviluppate del Pianeta. Sotto questo punto di vista sembrano enormemente avvantaggiati i paesi emergenti, che però soffrono su altri fronti.

Detto ciò, oggi per un risparmiatore che deve tutelare il proprio patrimonio è sempre più complicato orientarsi, e capire in quale paese o area è meglio investire: in Italia? In Giappone? Oppure nei Paesi del Nord Europa? O forse nelle economie emergenti?
La mia risposta è da sempre la stessa: investire diversificando, rispettando l’orizzonte temporale prefissato, e facendosi assistere da un consulente finanziario.