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La perfezione

Circa dieci giorni fa la Borsa di Milano era la prima in classifica a livello globale, grazie ad una crescita del 15% da inizio anno: la spinta era stata determinata dall’ottima recente performance del settore bancario, che ha un peso rilevante nel nostro listino più che in quelli di altri paesi. La scorsa settimana il mood del settore è però cambiato, a causa dei fallimenti di alcuni istituti di credito statunitensi, e della vicenda Credit Suisse. Nonostante ciò il listino tricolore continua a primeggiare sugli altri, almeno per alcune ragioni che accennerò di seguito.

Innanzitutto, secondo un’analisi di Banca IFIS, oggi le banche italiane sono molto più forti rispetto al periodo della crisi europea dei debiti sovrani del 2011-2012, grazie all’enorme alleggerimento dell’80% dei crediti deteriorati presenti nei loro bilanci: se ne sono liberate svendendoli a società specializzate, come Banca IFIS, appunto. Inoltre, la crescita dei tassi ha portato benefici nelle loro casse: la raccolta in eccesso depositata dalle stesse in BCE, non è più penalizzata (-0,4%), ma premiata (+3,5%).

Anche le imprese italiane sono diventate molto più forti: secondo Assolombarda, dieci anni fa i prestiti delle nostre imprese arrivavano al 70% del Pil, mentre oggi sono al 60%. Ben diversa è ad esempio la situazione delle aziende francesi e olandesi, indebitate per il 150% sul Pil. Inoltre la dipendenza dalle banche è scesa abbondantemente, poiché i debiti bancari si sono ridotti del 15%, passando dal 67 al 52% dei debiti finanziari. Invece la liquidità è salita molto, arrivando al 28% del Pil. Conseguentemente, se ne deduce che l’attuale situazione dei tassi crescenti sta comportando meno problemi per le nostre imprese oggi, rispetto a dieci anni fa.

Nonostante questo notevole miglioramento, di zone d’ombra ne rimangono parecchie per il nostro Paese. A certificarlo è il 57° posto nella classifica mondiale dell’Indice di Libertà Economica, al quale ho dedicato una delle mia prime Curiosità, nel 2019: è stato creato da The Wall Street Journal (il principale quotidiano statunitense di economia e finanza) nel 1995, e misura la libertà economica di ciascun paese, o anche il rapporto fra capitalismo e prosperità, o ancora il livello di funzionamento generale delle istituzioni e l’attrattività degli investitori esteri. Il nostro infelice posizionamento (comunque migliorato rispetto all’80° posto di cinque anni fa) è causato da alcuni fattori, fra i quali l’eccessiva burocrazia (che rallenta in particolare la libertà d’impresa), il sistema giuridico poco efficiente e l’instabilità politica (70 governi in 77 anni). 

Per il nostro Paese “la perfezione” è dunque lontana: lo è (magari un po’ meno) anche per paesi da sempre ritenuti virtuosi, come USA e Svizzera, che recentissimamente pare abbiano gestito male rispettivamente il fallimento di Silicon Valley Bank e il quasi fallimento di Credit Suisse. 

Consapevoli di ciò, noi risparmiatori dobbiamo proteggere i nostri capitali, evitando pericolose concentrazioni in azioni e obbligazioni di un solo paese, e impiegandoli diversificando globalmente, in strumenti finanziari gestiti come ad esempio i fondi d’investimento.