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Lotta ai paradisi fiscali?

“Un investimento nei nostri figli, nelle famiglie, nel futuro, con l’obiettivo di creare un’economia che non lasci indietro nessuno”: questo è il cuore del discorso pronunciato pochi giorni fa dal Presidente degli USA, Joe Biden, alla presentazione dell’American Family Plan, un piano di 1.800 miliardi di dollari a favore dei ceti medio e basso. Ricordo che circa due mesi fa il nuovo Presidente aveva approvato l’American Rescue Plan, il suo primo grande provvedimento da 1.900 miliardi di dollari per soccorrere le famiglie in difficoltà, e che a breve presenterà l’American Jobs Plan, il piano-infrastrutture da 2.300 miliardi, per modernizzare il paese. Se anche quest’ultimo venisse approvato, gli Stati Uniti avrebbero stanziato complessivamente la cifra iperbolica di 6.000 miliardi, pari a quasi il 25% del PIL.

Ma come verrebbe “coperto” il nuovo debito?

Principalmente con:

aumento delle imposte di 1% sui redditi superiori a 400.000 usd (1.500 usd in dieci anni);

ritorno dell’aliquota individuale più alta al 39,6%, dal 37% attuale voluto da Trump nel 2017;

aumento delle imposte di successione (attualmente già alte);

lotta all’evasione per recuperare 700 miliardi in 10 anni;

aumento dell’imposta sui profitti aziendali dal 21 al 28%;

maggiore contributo fiscale delle multinazionali.

Proprio in riferimento quest’ultimo punto, un recente studio ha evidenziato che nel 2020, 55 fra le maggiori aziende americane non hanno pagato imposte sugli utili realizzati, sfruttando “legittime tecniche di elusione”: quasi il 50% degli utili aziendali americani è parcheggiato in paesi a fiscalità molto agevolata come ad esempio Olanda, Lussemburgo, Irlanda, Hong Kong e Panama, solo per citarne alcuni. Ciò ha indotto Biden a progettare un accordo da presentare ai paesi del G20, rappresentanti il 90% dei profitti globali delle imprese, che preveda una tassa minima globale del 21% per le multinazionali. Praticamente Facebook dovrebbe pagare all’erario USA la differenza fra l’aliquota irlandese del 12,50% e il 21%. Al prossimo G20 di Venezia il 9 luglio si discuterà di questo grande progetto, che rischia di affondare i paradisi fiscali, rendendoli non più convenienti.

In conclusione, i mercati finanziari americani possono stare tranquilli (e i nostri risparmi pure): il nuovo debito contratto per contrastare la pandemia troverà adeguata copertura, e potrebbe finalmente concretizzarsi una più equa redistribuzione globale del carico fiscale.